Lettore metti il tovagliolo al collo. Leggendo queste righe potresti ungerti.
Oggi parliamo della cucina mantovana, delle pietanze tradizionali (che mangiate da sole apportano il fabbisogno dell’intera giornata) e soprattutto dei piatti ricchi che stampano le tovaglie di patacche grandi come medaglie.
Che poi… è ancora la verità?
La cucina tradizionale negli ultimi decenni si è talmente trasformata, che anche noi non siamo più sicuri di ciò che è originale e ciò che è rielaborato.
Prendiamo ad esempio la questione “Burro”.
Conoscete ancora qualcuno che usi il burro come lo usavano le nostre nonne?
Io mi ricordo che la Nonna Silvana soffriggeva con il burro, condiva con il burro, nappava con il burro, mantecava con il burro; questo perché qui da noi in pianura, il burro era abbondante, veniva prodotto nei caseifici vicino a casa, era una risorsa più abbordabile dell’olio.
In fin dei conti, non è che il nostro territorio abbondasse (e abbondi) di uliveti.
Oppure pensiamo allo strutto, al lardo, all’agghiacciante margarina, tutti prodotti che sono stati (per fortuna) sostituiti con alimenti più salutari.
Credo che l’evoluzione delle ricette tradizionali sia un processo naturale: nel 2020 non siamo più in grado di mangiare come 100 anni fa… ma neanche come 60!
Sì perché non dimentichiamo cosa avvenne nel secondo dopoguerra, quando l’Italia rinasceva dalle sue ceneri e cominciava a conoscere i prodotti in scatola e l’industria conserviera si preparava alla scalata dei mercati.
Fortunatamente la mia famiglia è cresciuta in osteria e non si è mai imbattuta in carni in scatola, sughi pronti e paste industriali.
Noi qui abbiamo sempre mangiato i cappelletti della buonanotte, stessa ricetta del ripieno, stessa pasta sottile ma non troppo, stesse dimensioni: insomma una CERTEZZA.
E mai come in questo periodo burrascoso “il mondo ha bisogno di certezze”.